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Pare che quest’anno lo star system hollywoodiano e il grande pubblico sia siano accorti che Gary Oldman non è uno qualunque. Grazie a Churchill, grazie a “L’ora più buia”. Una rivista lo ha persino eletto “uomo più sexy del mondo”, adesso che ha sessanta bellissime primavere. Che sia un fenomeno di psittacismo o meno, per una che, come me, si è innamorata di lui nel 1994, è come scoprire che le crucifere provocano flatulenza. Ma andiamo avanti.
Gary Oldman è inglese e lo è in ogni sua fibra. Ha la riservatezza tipica dei britannici e il loro tenero imbarazzo, stemperato da sorrisi che sanno di tè: caldi, ma anche un po’ amari. Sembra portare sulle spalle la storia del teatro del suo paese: la pronuncia perfetta, che riesce a trasformare in ogni cadenza o accento straniero; la presenza scenica efficace, ma non eccessiva; lo sguardo che pare trafiggere la contingenza. Mr Oldman incarna anche la stravaganza della Carnaby Street degli anni Sessanta, che si esibiva nei suoi colori psichedelici, strizzando divertita l’occhio alla tradizione vittoriana.
Non è semplice descrivere la carriera dell’Uomo dagli occhi grigi. Mi limiterò a richiamare qualcuno dei suoi più iconici personaggi, secondo il mio modesto gradimento, per cercare di capire in quale cripta fossero nascosti i nuovi fan di Oldman durante tutto questo tempo.
Il suo perfetto trasformismo fisico e vocale non si scontra dicotomicamente con una recitazione affettata o pletorica. Per esempio, Jean-Baptiste Emanuel Zorg (“Il Quinto Elemento”) non è mai una macchietta, anche nella sua comica follia.
Insieme al grande e alchemico amico Tim Roth interpreta, raffinato e al contempo divertente, Rosencrantz e Guildenstern sono morti, un film totalmente sottovalutato, ma splendidamente avanguardistico e metafisico
Il tormentato Vlad Ţepeş a cui dà vita riesce a far innamorare anche quando si sfalda in decine di disgustosi ratti.
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Non si può negare anche qualche défaillance professionale, ma è confinata al film, mai all’interpretazione, che rimane, se non spettacolare, comunque di alto livello.
Del primo genere è sicuramente quella di Norman Stansfield in Léon: lo psicopatico poliziotto senza limiti, amante di Beethoven, che sgranocchia acidi e danza al ritmo della depravazione. Mr Oldman crea, con Stansfield, una nuova antonomasia. Più demoniaca di Dracula.
Si avvicina all’Oscar con “La Talpa”, ma è Winston Churchill che gli spalanca le porte alla notorietà più vasta. Gary Oldman modella un capolavoro di se stesso, ne “L’ora più buia”. La mimesi è perfetta, il camaleontismo epocale, l’interpretazione da inchino.
Ovviamente, auguro questo Oscar al mio ineguagliabile Gary, ma, se fossi in lui, lo dividerei con Norman, Sirius, Gordon, Rosencrantz, Smiley e tutti gli altri Mr. Oldman.
“L’ora più buia” ha illuminato la penombra intorno alla figura di questo mostruoso artista (ho deciso di usare questo aggettivo perché so che Gary ne apprezzerebbe la doppia valenza)…
Non mi rimane che citare una battuta tratta da Léon come cortese e pacato invito a vedere quest’ultimo film:
Stansfield: Benny! Fai intervenire tutti.
Benny: Che vuol dire tutti?
Stansfield: Voglio dire tutti!
spero vivamente che vinca l’oscar
Cara Over There, oltre ad aver ragione su tutti i fronti in merito a Oldman, scrivi davvero da dio.
Complimenti
Ciao Graziano, molto gentile, grazie!